Dopo il Rems, portato in carcere si è suicidato
Rems. Non possiamo trattare persone con problemi di salute come se fossero dei criminali pericolosi
Nella giornata di domenica Antigone è stata contattata dalla madre del giovane ragazzo suicidatosi nella tarda serata di venerdì presso il carcere di Regina Coeli. La donna ci ha inviato l’ultima lettera che suo figlio aveva spedito al fratello lo scorso 16 febbraio, affinché fosse resa pubblica.
Nel settembre dello scorso anno il giovane era stato collocato in Rems a Ceccano. Dopo due episodi di allontanamento e irreperibilità, al momento del ritrovamento da parte dei carabinieri un magistrato decise per la custodia cautelare in carcere, nonostante lo spirito della legge sia quello di favorire misure cautelari non detentive.
Nella lettera emergono con chiarezza la difficoltà psicologiche di cui soffriva il ventiduenne che fa riferimento anche all’ipotesi di suicidarsi.
«Dopo aver letto questa lettera – dichiarano Patrizio Gonnella (presidente di Antigone) e Stefano Cecconi (campagna Stop Opg) – dobbiamo ribadire quanto già affermato da noi, il punto nel caso specifico non riguarda la prevenzione dei suicidi in carcere. Non dobbiamo interrogarci se fosse giusto che quel ragazzo avesse in cella con sé le lenzuola o altri oggetti che avrebbe potuto utilizzare per togliersi la vita. Il punto è che persone, ancor più così giovani, con problematiche di questo tipo, devono essere affidate al sostegno medico, sociale, psicologico dei servizi delle Asl territoriali e non messe dietro le sbarre di una cella. Non possiamo trattare persone con problemi di salute come se fossero dei criminali pericolosi. Dobbiamo quindi interrogarci sul perché questo non sia avvenuto. Dobbiamo farlo affinché casi come questo del ventiduenne non tornino a ripetersi».
* Ufficio Stampa Associazione Antigone
Fonte: Andrea Oleandri*, il manifesto